Zenone Risposte Domanda 1


Risposta La mia opinione e' che un paradosso parte da una premessa e con una serie di deduzioni arriva ad una conseguenza inaspettata, cioe', letteralmente, oltre l'opinione comune. Nella confutazione di un paradosso e' quindi necessario confutare la premessa e/o una o piu' delle deduzioni. La premessa e' che ad un movimento e' associata una traiettoria. La conseguenza paradossale del ragionamento di Zenone e' che il movimento non e' possibile. La confutazione di Diogene il Cinico si limita ad essere in disaccordo con la conseguenza paradossale, senza pero' analizzare le premesse ne' la catena di deduzioni. Non si tratta quindi di una confutazione del paradosso ma semplicemente nel disaccordo con le conclusioni. Per Diogene il Cinico il suo disaccordo con le conclusioni di Zenone vengono assunte a priori per dire che c'e' un errore nell'argomento di Zenone, ma il punto interessante e': dove sta l'errore? nelle premesse o in uno dei passaggi della catena delle deduzioni? I paradossi servono ad approfondire la nostra conoscenza su un problema. La posizione di Diogene il Cinico semplicemente nega il problema e non produce avanzamento della conoscenza.

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Risposta

Diogene sposta l'analisi del problema dal piano ideale considerato da Zenone ad un piano materiale, implicando quindi una perdita di informazioni, che sono necessarie per analizzare e,  quindi, confutare completamente il paradosso di Zenone.
Potremmo inoltre dire che se il ragionamento di Diogene fosse vero, allora la terra sarebbe ferma perche' era esperienza ben nota a tutti (a quell'epoca) che la terra fosse ferma.
In conclusione, il piano dell'esperienza non e' sufficiente a spiegare cosa accade nella realta'

Commenti Credo che gli attributi materiale e ideale non siano pertinenti all'analisi di un problema. Analizzare un problema significa dividerlo in problemi piu' semplici, collegati logicamente tra loro. E' vero invece Zenone e Diogene il Cinico stanno ragionando su due piani diversi. Zenone da una premessa cerca logicamente di trarre una conseguenza paradossale. Diogene nega semplicemente la conseguenza paradossale senza entrare nel merito della premessa e degli argomenti di Zenone.
L'affermazione che "era esperienza ben nota a tutti (a quell'epoca) che la terra fosse ferma" non e' completamente corretta. Secondo quanto e' riferito, tra gli altri, da Archimede, Plutarco e Simplicio, Aristarco aveva formulato una teoria che attribuiva alla Terra un moto annuo di rivoluzione intorno al sole e un modo diurno di rotazione attorno a un asse inclinato rispetto al piano dell'orbita.


Risposta

Diogene trova assurdo il paradosso della dicotomia in quanto il movimento, qui "messo in crisi" da Zenone, è ovviamente percepibile da chiunque. Inutile quindi anche porsi il problema e infatti egli non affronta minimamente la questione, nè tantomeno ne cerca una soluzione.
Il suo è puramente un approccio pragmatico, saldamente legato alla percezione, quando a mio parere risulta molto interessante la differenza tra percezione e analisi della realtà fisica, su cui effettivamente si basano e "ruotano" i paradossi di Zenone.

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Mi sembra interessante discutere l'affermazione "il movimento, qui messo in crisi da Zenone, è ovviamente percepibile da chiunque". Io credo che uno dei punti di Zenone e' quello di chiarire la differenza tra quello che si percepisce e quello che si credi di percepire. Cioe' Zenone non contesta che noi percepiamo qualcosa che chiamiamo movimento ma, questo non e' una modificazione oggettiva di posizione nello spazio in funzione del tempo. Secondo Zenone la nostra percezione del cambiamento e' solo illusoria e non reale, cioe' "la differenza tra percezione e analisi della realtà fisica" che la vostra collega trova interessante.


Risposta

Diogene, con questa affermazione, rispecchia a pieno quello che può essere il pensiero comune di risposta al paradosso di Zenone, il quale afferma che il movimento non esiste, quando invece il concetto di movimento è una cosa tangibile e apparentemente impossibile da confutare. Si può dire quindi che Diogene risponde all'idea di Zenone con un atto pratico, proprio come se volesse sfidarlo e quindi dimostrare banalmente camminando che il movimento esiste, in un certo senso mettendo da parte quella che era invece l'idea filosofica di Zenone. Proprio grazie all'utilizzo di un pensiero più profondo di quello che può essere la semplice percezione sensoriale delle cose, si può leggere nelle parole di Zenone un aspetto importante legato al concetto di movimento, quello “dell'illusione” che scaturisce dal fatto che l'osservatore è condizionato dal proprio punto di vista rispetto all'oggetto stesso in movimento. Quindi Diogene ha ragione nell'affermare che il movimento “è un' esperienza nota a tutti”, ma bisogna specificare il sistema di riferimento in cui lo si osserva prima di affermare che effettivamente il movimento sia in atto.

CommentiMi sermbra che moto illusorio e moto relativo non siano la stessa cosa e che il paradosso di Zenone si riferisca all'illusione del moto e non alla sua relativita'.


Risposta

A mio avviso, Diogene, tramite la confutazione citata, mostra di aver frainteso il messaggio del paradosso di Zenone, messaggio che non può essere compreso appieno senza conoscere la dottrina parmenidea. Secondo Parmenide, l’essere (unico e immobile) è un principio logico-razionale in grado di spiegare tutta la realtà. Parmenide, tramite la sua riflessione filosofica, ha quindi avviato la ricerca sul pensiero e sulle sue leggi in quanto tali, interdicendo il confronto con il reale e asserendo l’impossibilità della ragione di interrogare l’universo. Egli, effettivamente, aveva distinto nettamente tra piano logico e piano dell’esperienza. Zenone, pur difendendo la dottrina dell’essere, non vuole rinunciare al contatto con la realtà. Prova di ciò è che nei paradossi egli faccia riferimento a situazioni che chiunque avrebbe potuto sperimentare, come il lancio di una freccia o una gara di corsa. Il filosofo di Elea, quindi, chiede che il contrasto tra ragione e realtà venga approfondito e indagato, affinché le discrepanze tra di esse possano essere ricomposte.
Diogene, nella sua confutazione, non riesce né ad attenuare queste discrepanze, né a mostrare la loro non esistenza; anzi, è come se le accentuasse, mostrando come la realtà (il potersi muovere) e la logica (il paradosso della dicotomia) siano così distanti tra loro.!

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Diogene trova assurdo il paradosso della dicotomia in quanto il movimento, qui "messo in crisi" da Zenone, è ovviamente percepibile da chiunque. Inutile quindi anche porsi il problema e infatti egli non affronta minimamente la questione, nè tantomeno ne cerca una soluzione.
Il suo è puramente un approccio pragmatico, saldamente legato alla percezione, quando a mio parere risulta molto interessante la differenza tra percezione e analisi della realtà fisica, su cui effettivamente si basano e "ruotano" i paradossi di Zenone.

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Una confutazione è un'argomentazione orale o scritta con la quale si controbatte un'argomentazione dimostrandone l'erroneità o l'infondatezza.
Questa attribuita a Diogene il Cinico,secondo me, non è da considerare una vera e propria confutazione del paradosso della dicotomia.
Senza dubbio il movimento della realtà sotto gli occhi di qualsiasi essere umano è un indubitabile dato di comune e costante esperienza.
Quella di Zenone,invece, va riguardata come una pura argomentazione del pensiero: si possono infatti immaginare punti ideali in movimento (la cui posizione varia nel tempo dell'osservatore pensante) su una retta ideale, non corpi materiali in moto su un percorso reale.
E' il "movimento pensato", ossia il pensare al movimento, il fenomeno che presenta aspetti paradossali. Non il movimento reale, che semplicemente è oggetto della nostra esperienza ordinaria. Infatti se esso, il movimento reale, non fosse un'esperienza quotidiana non potrebbe esserci alcun paradosso: semplicemente non esisterebbe il moto.
Quindi penso che il trasferimento sul piano "reale" degli argomenti di Zenone non rappresenti la soluzione più esauriente.

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Zenone nel suo paradosso della “dicotomia” dimostra la non esistenza del movimento
ma Diogone il Cinico fa una confutazione di questa dimostrazione con un fatto empirico. Nel
testo si legge che Diogene si alza e innizia a camminare quindi per lui non c’è dubbio che il
movimento esiste perché lui stesso è in movimento. Nel paradosso si dimostra che non è
possibile percorrere una distanza finita in un tempo finito perchè per arrivare alla fine di questa
distanza prima si deve arrivare alla metà e per arrivare a questa, prima si deve anora arrivare
alla metà di questa, e così via quindi l'obiettivo non è mai raggiunto. Invece, Diogene
cambia la sua posizione durante la sua confutazione infatti lui va da un luogo all'altro, raggiunge
così l'obiettivo (la sua destinazione). Questa dimostrazione potrebbe essere
valida, ma il problema è che confuta una dimostrazione teorica con un fatto empirico che è
valido solo se ci fidiamo delle nostre capacità sensoriali e dei nostri sensi come valide e questi
potrebbe non essere vero perché per noi il movimento, il tempo e lo spazio potrebbero essere
illusori e relativi. Questo è il motivo per cui io credo che per ottenere una valida
confutazione del paradosso di Zenone si dovrebbe ottenere una contraddizione con il risultato o
trovare un errore in esso.

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In questo modo Diogene confuta ovviamente l’affermazione di Zenone. Diogene ha potuto dimostrare nella pratica che il movimento è possibile. Pure si potrebbe chiedere se questo movimento mostrato/movimento in genere fosse soltanto un’illusione.
Però, lavorando con le somme infinite si può trovare una risposta basato al teorema tale che una somma infinita può avere una soluzione finita

(1)
\begin{align} \sum_{i=1}^{\infty}a_n=s<\infty. \end{align}


Applicato al problema descritto, significa che se prendiamo il numero infinito di punti come distanze del punto iniziale da questi punti, abbiamo effettivamente un numero infinito di distanze, cioè la distanza da percorrere diventa con ogni addendo più grande, però la somma di queste distanze è un numero finito che può essere percorso in un tempo finito

(2)
\begin{align} \sum_{n=1}^\infty\frac1{2^n}=1 \end{align}


Tuttavia per qu-sta risposta è necessario conoscere le proprietà delle somme infinite e poter lavorare con i limiti che non erano ancora noti al tempo di Zenone.

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Il ragionamento di Diogene il Cinico è basato sull'osservazione pratica di ciò che avviene quotidianamente: infatti è sensato pensare che ognuno di noi compiendo anche un solo passo in qualsiasi direzione, andrebbe ad occupare una posizione nello spazio che lo circonda diversa da quella in cui si trovava inizialmente; conseguenza di ciò è che si è verificato un movimento.
Dal paradosso della dicotomia invece emerge un aspetto geometrico, per cui essendo lo spazio composto da infiniti punti, non è possibile percorrerlo in un tempo finito.

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-Dalla confutazione citata ciò che si evince come prima cosa è che sicuramente, a differenza di Zenone, Diogene non vede la realtà come “figlia” di un essere unico e immutabile. Ed è proprio basandosi su esperienze della propria vita quotidiana che nega la non esistenza di movimento e molteplicità, lo fa inoltre aggiungendo che “..è esperienza ben nota a tutti”, cioè tutti nella propria quotidianità possono percepire con i propri sensi l’ esistenza di moto e movimento.
Per esempio nella realtà moderna quando ci serviamo di un mezzo di trasporto per spostarci da un posto ad un altro è evidente che c’è movimento: si può percepire con la propria vista che ho raggiunto un luogo diverso da quello di partenza e che quindi dall’ipotesi di movimento non segue un assurdo.
Diogene invece,”si alzò in silenzio mettendosi a camminare”.
Infatti il paradosso della dicotomia parte dalla considerazione che non si può mai arrivare al termine di una traiettoria,ma Diogene alzandosi e camminando da la dimostrazione pratica che il moto esiste,non c’è illusione,non c’è solo una realtà immutabile. Questo non implica dover percorrere all’infinito parti di spazio perché prima si deve raggiungere la metà dello spazio, e poi la metà della metà e cosi via fino all’infinito ma compiere un percorso da un punto A a un punto B significa compiere moto,movimento ,non è apparenza o illusione da rilevare con la ragione per Diogene,a differenza di quanto pensato da Zenone.

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La confutazione fatta da Diogene il Cinico sembrerebbe un primo tentativo per spiegare l’errore compiuto da Zenone nel paradosso dicotomico. La dimostrazione che tenta di dare Diogene è elementare, ovvero non ha fondamenti basati su ragionamenti fisici concreti ma piuttosto egli applica un’osservazione fatta sulla realtà visiva per confutare il pensiero di Zenone. In parole povere è come se Diogene, camminando, avesse dimostrato solamente che la realtà dei fatti proposti da Zenone non è necessariamente verità. Diogene vuole esprimere il fatto che i corpi si muovono in maniera continua percorrendo nell’effettivo degli spazi di una lunghezza nota, mentre il modello espresso da Zenone è accettabile solo geometricamente parlando e non ragionando sul caso reale. In conclusione il ragionamento di Diogene ci fornisce un’idea fisica di spazio e tempo anche se priva di un modello teorico che ne spieghi effettivamente il reale funzionamento. Dunque la confutazione di Diogene il Cinico è considerabile esatta anche se scarsa di motivazioni e spiegazioni che ne attestino la validità.

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Diogene,con questa confutazione, voleva intendere che non esiste una concezione finita del tempo quindi 
l'idea della dicotomia è inapplicabile, dato che il tempo non ha conclusione.
Il fatto che le cose si muovano implica che il tempo non è fermo quindi,come già affermato, 
non ha conclusione e non è dicotomico.

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Si tratta di una confutazione apparentemente semplicistica, che però evidenzia la necessità di chiarezza circa l'ambito su cui si discute: come abbiamo più volte osservato, una cosa è la realtà per come la discutono i filosofi, tutt'altro è il modello su cui lavora la scienza, cercando di approssimare proprio quella realtà sensoriale. Per rispondere esaustivamente alla domanda, quindi, occorrerebbe conoscere con precisione quale concezione del moto fosse effettivamente criticata da Zenone. Appare tuttavia improbabile pensare che egli volesse criticare la nostra concezione sensoriale del moto, poiché sarebbe stata una critica troppo lontana dal senso comune, e quindi confutabile in modo assai semplice, come la confutazione di Diogene suggerisce. Seguendo il filone di Parmenide, Zenone muove una critica piuttosto al concetto di modo, slegandosi quindi dalla realtà sensoriale, per altro già definita fuorviante in passato da altri filosofi. In sostanza, Diogene sposta il problema su un piano diverso da quello su cui lo poneva Zenone, banalizzandolo e rendendo quindi sufficiente una confutazione semplice e palese ad un problema apparentemente inutile da porre.

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paradossi più famosi di Zenone sono quelli contro la realtà del movimento. Il primo è quello della "dicotomia", ossia dell'infinita divisibilità dello spazio: Zenone sostiene che il movimento è assurdo e impossibile perché un corpo, per raggiungere una meta, dovrebbe prima raggiungere la metà della strada che deve percorrere e prima ancora di raggiungere questa metà, dovrebbe raggiungere la metà di questa metà e così via… Poiché non posso percorrere uno spazio finito in un tempo finito, Zenone sostiene che il movimento non esiste. Per Diogene il cinico questo paradosso è assurdo: alzandosi e mettendosi a camminare, voleva dimostrare che il moto esiste e ciò è percepibile da chiunque, ma questa sua confutazione del paradosso, secondo il mio parere, non dimostra niente, in quanto le cose appaiono molto diverse da quello che sono. Vi è una notevole differenza tra la percezione e la realtà: noi, infatti, per muoverci, dobbiamo percorrere un determinato spazio e non enumerare tutte le metà di un segmento (cosa che richiederebbe un tempo infinito). In conclusione, possiamo dire l'approccio di Diogene è concreto(dimostra, camminando, che il movimento esiste), mentre Zenone si sofferma di più sull'analisi della realtà fisica.

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il paradosso della dicotomia presentato da Aristotele in cui Zenone afferma la non esistenza del moto poichè il mobile prima di arrivare alla fine del tragitto deve passare per la metà,fa si che Diogene detto il Cinico affermi che invece è esperienza ben nota a tutti che le cose in effetti si muovono.Io invece per la mia poca esperienza dico che entrambe le affermazioni non sono del tutto giuste ,poichè non è detto che il moto ,movimento non esista solo perchè prima di arrivare alla fine di un percorso devo percorre la metà ,la metà della metà e così via e non è anche vero che tutto è in movimento basti pensare ad un piccolo esempio che può essere preso dal quotidiano,quando guidiamo la macchina siamo noi in movimento anche se ci sembra che egli alberi ai margini della strada si muovono.

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Diogene monstra, che e' possibile percorrere uno spazio siffato in un tempo
finito. La soluzione di Diogene si ispirara alla serie dei reciproci delle potenze di 2
che converge a 1.

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