Zenone Risposte Domanda 4

Risposta

I tentativi di spiegare il paradosso di Zenone culminano con la serie numerica convergente che consiste nel calcolare la somma di un numero infinito di addendi e di ottenere come risultato un numero finito. Questo procedimento matematico permette però solo in parte di dare una spiegazione completa al paradosso della dicotomia in quanto la somma di un numero indefinito di parti molto piccole non corrisponde all’idea di somma a cui siamo abituati nella quotidianità: tale somma, infatti, non si conclude mai realmente e viene spiegato solo da quel numero finito che risulta essere la somma della serie numerica. I due processi quindi sono decisamente diversi: la somma ordinaria è un procedimento finito e concluso; la somma di una serie è invece un procedimento che non si può concludere o comunque di cui non riusciamo a definire un termine conclusivo. Allo stesso modo, quindi, non possiamo definire esattamente un termine conclusivo per la suddivisione di un percorso che conduce da A a B, come nel caso del paradosso di Zenone dove la continuità dello spazio percorso non viene mai raggiunto di fatto. La somma di serie numeriche quindi, sia che tendano ad un numero finito che infinito, non sono in grado di fornire una completa risoluzione ai paradossi di questo tipo.

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Risposta

Secondo i matematici moderni Zenone aveva errato nel modo di concepire le somme
di serie infinite. Il percorso, infatti, compiuto dal corpo per raggiungere la meta può essere considerato una serie. Il tratto, percorso dal corpo, è una addizione ordinata e progressiva di infiniti termini che in questo caso sono frazioni, ma possono essere anche numeri interi. Questa serie può essere così rappresentata:
1/2+1/4+1/8+1/16+1/32+…….
In questa serie 1/2 rappresenta la metà del percorso, 1/4 la metà di questa
metà, 1/8 la metà della metà della metà ecc.
E’ evidente che questa serie è infinita perché è sempre possibile aggiungere una frazione più piccola dimezzando la precedente.
Questa è anche una serie convergente e tende a 1.
Secondo me, in questo modo i matematici possono confutare il paradosso, ma non possono dare risposte sulla domanda su come effettivamente il compito viene portato a termine.
Inoltre risulta "difficile" pensare che questa soluzione infinitesimale sia effettivamente l'esatta spiegazione dal momento che il risultato matematico su cui si fonda non può non riconoscersi noto ,in sostanza, pure all'intuizione primitiva di chiunque cominciasse a pensare a queste cose da un punto di vista "razionale".
Ciò secondo me porta a riflettere sulla circostanza che i paradossi di Zenone sul movimento vanno considerati sempre attuali e "non risolubili", in quanto puntano l'attenzione sulle dicotomie reale/pensato e spazio(continuo)/tempo(discreto).

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Penso che è la soluzione completa del problema. Perchè il problema del paradosso
di Zenone si può superare utilizzando la teoria delle serie infinite. La serie infinita somma gli elementi di una successione di infiniti elementi, come con le divisioni del segmento del paradosso, che può essere diviso all'infinito. E quindi la soluzione del problema si riduce a vedere se la serie è convergente
o divergente, cioè se la somma è finita o meno. Possiamo usare una serie per modellare il
paradosso, questa serie deve sommare la metà, poi la metà della metà, poi la metà della metà
della metà, e così via all'infinito.

(1)
\begin{align} \sum_{n=1}^\infty\frac1{2^n}=\frac12+\frac14+\frac18+\frac1{16}+\frac1{32}+\dots \end{align}


Si tratta di una serie geometrica di parametro ½ quindi la somma è 1. Perchè:

(2)
\begin{align} \frac{1/2}{1-1/2}=1 \end{align}


Quindi la somma delle metà più la metà della metà più la metà della metà della metà…risulta
nella intera distanza. Pertanto, si è concluso che camminando infinite metà è possibile
percorrere l'intera distanza.

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Come spiegato nella domanda 1 la teoria delle serie da' una spiegazione comprensibile al problema. Pure e' importante confrontarsi anche con l’elemento usato, la distanza oppure il tempo, e controllare se una divisione sia possibile e realizzabile. Dopo tutto, la spiegazione con il teorema della somma infinita sembra una soluzione completa da un punto di vista della matematica analitica. Come superare il problema geometricamente non è ancora risolto. Anche da un punto di vista filosofico la soluzione mi sembra scarsa. Secondo me la contraddizione tra finito e infinito e' importante.

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o penso che la teoria matematica delle serie sia la soluzione completa del paradosso; infatti Zenone asserisce che per percorrere uno spazio infinito ci voglia un tempo infinito e che quindi lo spazio non è percorribile. Tuttavia essendo spazio e tempo infinitamente divisibili, a un intervallo spaziale pari a 1/2^n corrisponde un altrettanto intervallo temporale impiegato a percorrerlo e quindi per attraversare un tragitto completo ci vorrà un tempo pari alla sommatoria dei reciproci delle potenze di due che converge a 1, cioè un tempo finito.

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Davanti a un paradosso come quelli che ho cercato di analizzare, risulta immediato ricorrere alla teoria matematica per ricercare la loro soluzione. In realtà, oltre a questo primo approccio, dobbiamo far fronte all’intero pensiero filosofico per giungere alla formulazione del paradosso e anche al contesto in cui è collocato. Quindi bisognerebbe esaminare altre discipline per avere un concetto più ampio e interpretare anche logicamente il paradosso dato. Per questo, nonostante la matematica, in quanto scienza esatta, debba dare una soluzione certa che non lasci dubbi (infatti la serie converge a 1), non possiamo ridurre l’intero ragionamento del filosofo a questa soluzione matematica.

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No, non penso che associare come soluzione al paradosso di Zenone la teoria matematica delle serie sia completa dimostrazione del problema. Prima di tutto non bisognerebbe considerare questo paradosso come un modello matematico poiché la matematica può essere spesso, volontariamente o per ignoranza dei suoi limiti, usata per distorcere la realtà delle cose. Dopo aver premesso questo, sarebbe giusto osservare che quando si va a studiare la serie dei reciproci delle potenze di due si assume un limite che considera la variabile t del tempo tendente all’infinito. Assumendo che il tempo t tenda all’infinito,questa contrasta la realtà, che presume il tempo impiegato a raggiungere uno spazio un’entità reale e finita, contrastante la considerazione dello studio matematico di un tempo infinito atto a raggiungere uno spazio finito. Inoltre in una osservazione come questa si toccano punti che anche nella nostra realtà, ragionando su di essa, sono irrisolti contrariamente alla spiegazione matematica sulla teoria dei numeri in cui la questione è risolta e dove una somma infinita (di segmenti o d’ intervalli di tempo) può essere considerata finita purché queste grandezze vadano man mano diminuendo.

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Assumendo per vero che la serie dei reciproci di due converge a 1 implicitamente imponiamo il concetto di unità come se l'unità fosse la soluzione di tutto. ci mettiamo nella condizione di voler per forza misurare qualcosa di infinito con unità di misure finite. Assumendo assiomaticamente la convergenza a uno potremmo infatti incorrere in un errore, poiché non consideriamo tutti i fattori che potrebbero influire sul risultato.

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Questa risposta, paradossalmente, mi sembra quasi una coincidenza: è vero che la serie di termine generico 2^(-n) converge a 1, ma non tiene conto della natura del problema sollevato da Zenone: l'idea del paradosso è quella di suddividere il moto di una freccia in istanti successivi (la metà, la metà della metà..). Anche appurato che questa serie converga (quasi casualmente, appunto) alla totalità dello spostamento (cioè 1), resta aperto un punto secondo me fondamentale di cui la confutazione della serie non tiene conto. Immaginiamo, infatti che il paradosso di Zenone fosse stato articolato con una frazione diversa da 1/2, ossia, ad esempio: "la freccia, prima di arrivare al punto d'arrivo, dovrà passare per un terzo della distanza, poi per un terzo di quel terzo, e così via". La sostanza del paradosso resterebbe assolutamente intatta (cioè: la freccia deve arrivare in punti intermedi prima di raggiungere l'arrivo. La scelta del punto intermedio è probabilmente soltanto una questione di estetica, o ancor più semplicemente, il punto medio è quello che al senso comune viene spontaneamente per primo in mente), ma la soluzione matematica cessa di funzionare: la serie i reciproci delle potenze di 3 converge sì, ma a 2/3! Ed è assurdo che una spiegazione logicamente valida cessi di funzionare se il problema viene posto in un modo sostanzialmente identico ma numericamente diverso. Pertanto, come già detto, la soluzione tramite la serie mi pare piuttosto una coincidenza, a dispetto del rigore matematico (per giunta moderno!) con cui si presenta. 

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L'errore di Zenone consiste nel credere che una somma di infiniti segmenti non nulli debba per forza dar luogo ad una grandezza infinita, ma noi sappiamo (grazie alla teoria delle serie) che se gli spazi infiniti da percorrere sono sempre più piccoli, la somma di questi può risultare finita. Infatti, ponendo
Sn=1/2+…..+1/(2^n), al crescere di n, questa somma potrà essere alpiù 1 e quindi la somma di infiniti tratti spaziali non è una distanza infinita.
Si deve a Zenone, quindi, l'aver ammesso la possibilità della divisione all'infinito, concetto che sta alla base del calcolo infinitesimale.
Questa soluzione matematica del paradosso, però, non basta:lo stesso ragionamento che vale per lo spazio, infatti, si dovrebbe estendere anche al tempo. Però, se per trattare l'infinita divisibilità dello spazio dobbiamo partire dal presupposto che lo spazio è denso e quindi tra due punti nello spazio ce n'è sempre un altro, affrontare la questione della densità del tempo risulterebbe molto complicato. Secondo me, bisognerebbe affrontare il fondamentale rapporto tra moto-spazio-tempo per arrivare a una soluzione completa del problema:a causa del moto, che lega lo spazio e il tempo, se uno è infinitamente divisibile, anche l'altro lo sarà, ma la questione dell'infinita divisibilità del tempo è una premessa tutt'altro che scontata e difficile da trattare.

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La soluzione del paradosso vista nel campo "ristretto" della matematica può essere data dalla dimostrazione che la serie dei reciproci delle potenze di 2 converge a 1.Ma nella realtà è veramente possibile? o meglio è possible fare 1000….000 cose in un lasso di tempo finito ? forse neanche un robot ad una velocità elevata può . Quindi nel quotidiano ,nella realtà secondo me la soluzione matematica non ci da un vero contributo almeno che non fossimo in un caso con un numero finito piccolo di cose da "fare" in un lasso di tempo finito grande allora si può essere che la soluzione matematica risolva il nostro problema.

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No, secondo me la soluzione non sta solo nella teoria matematica delle serie, ma, a mio avviso, si può trovare anche mello stidio fisico dei moti, con l'importanza del concetto fisico di velocità v=dx/dt che è l'emblema della  deframmentazione spazio-temporale dello spostamento. 

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Risolvere il paradosso dal punto di vista matematico non significa necessariamente
risolvere i problemi che pone. Supponiamo, infatti, che Zenone possedesse conoscenze
matematiche sufficienti a maneggiare con facilità la teoria degli insiemi: assumendo
l’ipotesi della continuità dello spazio, egli sarebbe comunque potuto pervenire ad un
paradosso. Ad esempio, avrebbe potuto dire che, poiché esiste una corrispondenza
biunivoca tra l’intervallo [0,1] e l’intervallo [0,2] (cioè, poiché essi hanno lo stesso numero
di punti), il tempo impiegato per percorrerli dovrebbe essere sempre lo stesso, fatto
chiaramente falso (basta prendere un moto uniforme ed il tempo raddoppia). In questo
modo, Zenone avrebbe mostrato in maniera diversa (e matematicamente ineccepibile) che
l’ipotesi della continuità dello spazio porta ad aspetti paradossali riguardanti il movimento
stesso, ovvero avrebbe raggiunto in ogni caso il suo scopo

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Ovviamente no perche' per applicare le “armi' della matematica occorre restringere il campo della realta'. Il paradosso di Zenone nasce dal mettere in corrispondenza due concetti che appartengono a realta' differenti: considerazioni empiriche (il movimento) e considerazioni teoriche (la divisibilita' dello spazio), le quali non sono contenute nella struttura base della matematica.

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Si dimostra facilmente che la serie Sn=1/2+1/4+…+1/(2)^n converge ad 1, cioè, per quanto n possa crescere, la serie non sarà mai maggiore di 1. Ciò significa che, nonostante le infinite volte si possa dividere il segmento dello spazio, esso rimarrà sempre finito e della stessa lunghezza, ma questo non basta: a mio parere andrebbe inoltre approfondita l'infinita divisibilità del tempo, che corrisponde forse a dimostrarne la densità (proprio come lo spazio).
Successivamente, secondo me, seguendo poi le "orme" di Aristotele si arriva alla soluzione del paradosso della dicotomia di Zenone.

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Questa confutazione mostra la difficolta' tra la soluzione analitica e la soluzione
geometrica del paradosso di Zenone. La soluzione analitica, che la serie dei
recipoci delle potenze di 2 converge a 1, e' facile per risolvere il paradosso con mezzi
analiticai. La soluzione geometrica è difficile con il primo paradosso. Se dividiamo
uno spazio percorso in meta' ancora e ancora, sembra, che noi non si possamai arrivare a destinazione, perche' c'è sempre una nouva meta.

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